“Green Agrifood PMI” (GAP)

Il progetto “Green Agrifood PMI” (GAP) è nato con l’obiettivo di contribuire al rafforzamento delle piccole-medie imprese laziali del settore dell’agrifood nella loro strategia di sviluppo di produzioni biologiche. In particolare, visto che l’accesso ai canali di vendita rappresenta normalmente un significativo collo di bottiglia nelle strategie di sviluppo, queste imprese verranno supportate nell’accedere alla domanda del settore pubblico (relativamente ai bandi di Green Public Procurement - GPP) e alla domanda del settore privato (relativamente al canale della Grande Distribuzione Organizzata - GDO). Nell’impostazione del progetto, lo sviluppo di filiere sostenibili deve essere supportato non solamente su aspetti di gestione interna con interventi di formazione, organizzazione e logistica, ma anche su aspetti esterni di visibilità e tracciabilità di filiera, anche con l’apertura ai nuovi strumenti tecnologici.

Con riferimento ai Sustainable Goals della Agenda 2030 delle Nazioni Unite, GAP si propone di contribuire all’obiettivo 12 “Sustainable Consumption and Production”, con ricadute positive sul raggiungimento della sostenibilità ambientale, sociale ed economica nella Regione Lazio. In particolare gli acquisti verdi della pubblica amministrazione stanno raggiungendo dimensioni tali da renderli un forte volano di sviluppo per l’economia verde, come bene evidenziato nel Green Deal Europeo.

Il progetto GAP ha fatto riferimento alla “Smart Specialization Strategy della Regione Lazio con l’obiettivo di favorire il rafforzamento del settore dell’Agrifood nella sua parte legata alle produzioni/filiere bio e il conseguente rafforzamento della Green Economy (che vede nel settore dell’Agrifood un’importante componente).

Sostegno finanziario

Il progetto Green Agrifood PMI – GAP è stato ammesso a Sovvenzione per un importo pari a € 150.000,00 a valere sulle risorse POR FESR Lazio 2014-2020 Azione 1.2.1

Le attività sono state svolte dai gruppi di ricerca dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata -CEIS (capofila), dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e dell’Università degli studi Niccolò Cusano.

Gruppi di Ricerca coinvolti

Il progetto GAP è stato realizzato da tre gruppi di ricerca con profili e specializzazioni complementari.

Il gruppo di ricerca dell’Università di Roma Tor Vergata ha forti competenze nel Green Public Procurement, con specifico riferimento alle problematiche di accesso delle PMI ai bandi pubblici, e nelle tecnologie digitali applicate agli acquisti e alla tracciabilità di filiera, oltre che in tecniche di elaborazione statistica ed econometrica.

Il gruppo di ricerca dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale ha forti competenze nel settore dell’agricoltura biologica, con esperienze di ricerca teorica ed applicata sulle strategie di Green Public Procurement.

Il gruppo di ricerca dell’Università Niccolò Cusano ha forti competenze nelle strategie dei canali GDO e nelle tecniche di elaborazione statistica, con recenti esperienze di ricerca sulle applicazioni della blockchain al settore agroalimentare.

Questi tre gruppi di ricerca collaborano da tempo su attività di ricerca e di didattica comuni e, nel rispetto delle specifiche competenze e delle aree di responsabilità assegnate, hanno sviluppato in maniera unitaria e collaborativa le diverse attività di progetto.

Attività svolte

Il progetto GAP si è sviluppato attorno a quattro attività principali:

  1. L’analisi delle potenzialità dell’offerta e della domanda di produzioni bio nella Regione Lazio
  2. L’identificazione delle difficoltà di accesso ai bandi verdi della Pubblica Amministrazione
  3. L’identificazione delle difficoltà di accesso al canale GDO
  4. Le potenzialità delle nuove tecnologie - e in particolare della tecnologia blockchain - a supporto della tracciabilità di filiera

L’analisi delle potenzialità dell’offerta e della domanda di produzioni bio nella Regione Lazio - coordinata dall’Università di Cassino e del Lazio Meridionale – si è basata sulla banca dati Arsial (Agenzia regionale per le innovazioni in agricoltura). Attraverso l’applicazione di opportuni indicatori di conversione delle superfici bio, è stato possibile quantificare l’offerta potenziale e confrontarla con la domanda di alimenti bio nei diversi circuiti oggetto di analisi.

E’ stata ricostruita la filiera di approvvigionamento della pubblica amministrazione, relativa al settore alimentare (ristorazione collettiva), e sono stati identificati tutti gli attori coinvolti, dai produttori agricoli fino ai consumatori finali, dagli utenti delle mense pubbliche (degenti, alunni delle scuole, detenuti ecc.) ai dipendenti pubblici, civili e militari.

Su questa base, in collaborazione con le altre unità, si è innestata un’indagine rivolta alle aziende agricole e agroalimentari dove sono stati raccolti, a fianco di dati di base sull’azienda rispondente, informazioni specifiche relative all’approccio che l’azienda ha con i bandi verdi della PA e con i canali delle GDO. Questa indagine, realizzata su scala nazionale grazie al supporto di Coldiretti, ha permesso di ottenere 220 questionari. Le evidenze dei questionari sono state integrate da interviste approfondite con i principali intermediari e società di ristorazione collettiva operanti nella Regione Lazio.

L’identificazione delle difficoltà di accesso ai bandi verdi della Pubblica Amministrazione da parte delle aziende agricole bio nella Regione Lazio è stata coordinata dall’Università di Roma Tor Vergata.

Dopo una rassegna della letteratura sulla rilevanza del settore e sull’impatto potenziale di politiche di Green Public Procurement (GPP), l’analisi si è concentrata sulla valutazione empirica, qualitativa e quantitativa, partendo dal dataset raccolto da Coldiretti ed elaborato in collaborazione con l’unità dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. Questa analisi ha evidenziato una conoscenza limitata dell’esistenza di bandi “verdi” che si traduce in una maggioranza di imprese che non partecipano a tali bandi. In aggiunta, contribuiscono alla non partecipazione ai bandi verdi, le difficoltà legate al reperimento delle informazioni, alla burocrazia e a costi elevati e, non ultime, le criticità relative alla disponibilità e/o qualità dei prodotti bio. 

Una seconda fase del lavoro ha portato ad analizzare la correlazione tra il potenziale interesse dichiarato dalle imprese per i bandi “verdi” legati al cibo biologico, da un lato, e per corsi di formazione su GPP, dall’altro, e le caratteristiche delle imprese in termini di dimensione, certificazione e livello di istruzione. Questa analisi quantitativa è stata affiancata da interviste semi strutturate per un piccolo campione di imprese interessate, così da approfondire le specifiche difficoltà legate ai rapporti con la PA.

Infine, si è proceduto ad un'analisi statistica di tipo esplorativo, in collaborazione con l’unità di Unicusano. Molte PMI del settore, specialmente in ambito Horeca, si caratterizzano per una solida capacità operativa, bassa incertezza, pochi costi e difficoltà burocratiche minori, mostrando un forte interesse nei confronti di bandi e corsi della Pubblica Amministrazione, con un impegno nella sostenibilità e innovazione meno pronunciato. Questo suggerisce la necessità di maggiori incentivi e supporti per promuovere l'innovazione e la sostenibilità nel settore, in linea con le crescenti esigenze del mercato e gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

L’identificazione delle difficoltà di accesso al canale GDO da parte del settore agroalimentare biologico della Regione Lazio è stata coordinata dall’Università Niccolò Cusano.

Gli esiti di queste attività di ricerca hanno evidenziato l'importanza di politiche di sostegno per le PMI nell'adeguarsi ai criteri di qualità e sostenibilità richiesti dagli operatori GDO, promuovendo al contempo pratiche di consumo responsabile. L’analisi ha evidenziato come criticità, i costi elevati necessari per soddisfare i requisiti richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO), costi che gravano sulle PMI agrifood causando compressione della redditività, limitazioni all'innovazione e difficoltà nel mantenere livelli di qualità e sostenibilità dell’offerta. Si riscontra inoltre un'elevata incertezza negli esiti delle attività imprenditoriali che inducono cautela negli investimenti, nella pianificazione strategica e nel mantenimento delle relazioni con la GDO. Per contrastare queste criticità, il settore agrifood del Lazio può valorizzare le produzioni attraverso l’introduzione di colture biologiche in grado di produrre maggior valore rispetto ai prodotti convenzionali. Il settore biologico continua infatti a crescere e negli ultimi anni le vendite bio nei supermercati sono quasi quadruplicate. Si rende quindi necessario un salto di qualità nella gestione dei canali da parte delle imprese agricole vocate al biologico.

Le micro imprese a vocazione biologica riescono a mantenere la propria identità quando rimangono nella nicchia e limitano i rapporti con la GDO. La GDO richiede volumi di produzioni e sviluppa politiche di branding a marchio commerciale che non sempre si conciliano con la volontà delle PMI agricole di mantenere le proprie caratteristiche distintive evitando forme di spersonalizzazione della propria missione/visione. Per questo motivo, come emerge dalla ricerca, le PMI bio laziali hanno bisogno di integrarsi nel territorio e creare rete favorendo l’emergere di un ecosistema locale. Ai fini dell’interazione con la GDO, lo sviluppo di reti spontanee tra PMI agricole bio sembra essere più efficace di quelle guidate come ad esempio l’esperienza dei recenti bio-distretti per una mancanza di coordinamento dall’alto sulle tematiche gestionali. La realizzazione di attività di formazione volte a far crescere negli operatori delle PMI agricole la consapevolezza delle potenzialità legate a un approccio evoluto con la GDO potrebbe favorire lo sviluppo e l’innalzamento delle performance dell’intero comparto agricolo laziale.

La potenzialità delle nuove tecnologie - e in particolare della tecnologia blockchain - a supporto della tracciabilità di filiera è stata coordinata dall’Università di Roma Tor Vergata.

Queste attività sono iniziate con un’analisi approfondita della letteratura sulla valenza della tracciabilità e sulle tecnologie digitale - in particolare sulla blockchain - che ne possono supportare l’applicazione nel settore agroalimentare biologico. I punti chiave dell’analisi hanno riguardato - in aggiunta alla specificazione degli obblighi normativi - l’identificazione dei vantaggi per le PMI dell’agrifood, le potenziali difficoltà applicative riscontrabili, l’individuazione di barriere all’implementazione in termini di capacità e risorse con particolare riferimento alle attività di tracciabilità legate alle produzioni di settore. Sulla base della letteratura analizzata e sulla base delle evidenze empiriche raccolte è stato valutato come la futura sperimentazione incentrata sulla tracciabilità debba essere incentrata in primo luogo su tecnologie digitali più consolidate e, solo in un secondo momento, potrà affrontare le sfide tecniche ed organizzative che ad oggi ancora caratterizzano la tecnologia blockchain. Grazie all’applicazione del metodo del design thinking sono stati identificati i problemi che le imprese riscontrano nella loro attività e sono state individuate le soluzioni più adatte, dando priorità alle questioni più critiche da risolvere e identificando soluzioni accessibili alle imprese agricole del settore bio di medio-piccola dimensione. Questo ha portato questo WP a focalizzarsi maggiormente sulle problematiche della tracciabilità di filiera, riducendo l’enfasi data alla blockchain in sede di proposta iniziale.

Metodologie applicate

Le metodologie utilizzate nel progetto sono quelle tipiche delle indagini di settore e delle analisi competitive di mercato:

  • l’analisi della letteratura (accademica e non) sui temi in oggetto, così da definire lo stato dell’arte delle informazioni disponibili sull’argomento;
  • la raccolta dati primari da operatori del settore, attraverso questionari, con il supporto dell’associazione di categoria (Coldiretti) e di società di consulenza specializzate;
  • l’analisi dei dati attraverso metodologie quantitative e qualitative, così da mettere in evidenza correlazioni e segmentazioni;
  • la formulazione e la validazione di ipotesi di intervento attraverso la metodologia del design thinking (laddove rilevante);
  • la diffusione del lavoro di analisi e di proposta attraverso convegni e pubblicazioni.

Risultati raggiunti

I risultati conseguiti dal progetto rientrano in due grandi categorie:

  • l’analisi del contesto operativo in cui le piccole-medio imprese agroalimentari bio della Regione Lazio si trovano a competere;
  • l’analisi di possibili interventi formativi e consulenziali a supporto del rafforzamento della loro capacità competitiva.

Questi risultati sono stati sviluppati con riferimento alle problematiche generali del settore, per poi approfondire le problematiche di accesso ai bandi verdi della Pubblica Amministrazione e alle catene di approvvigionamento della Grande Distribuzione Organizzata e la tracciabilità di filiera.

  • L’analisi del contesto competitivo delle piccole-medio imprese agroalimentari bio della Regione Lazio ha portato a:
    • la stima di dati complessivi in termini di domanda e offerta (potenziale e reale) di alimenti bio e la definizione del contesto generale in cui operano i diversi attori nei diversi circuiti oggetto di analisi;
    • l’identificazione di barriere alla partecipazione ai bandi verdi della PA dovute a problematiche di natura burocratica e di accesso alle informazioni, nonché ai costi di partecipazione alle gare e all’incertezza sull’aggiudicazione;
    • l’identificazione di barriere alla partecipazione all’entrata nelle catene di approvvigionamento della GDO ricollegabili a specifiche richieste operative e logistiche richieste dalla Grande Distruzione nonché alle condizioni contrattuali e commerciali spesso considerate molto rischiose e/o poco remunerative;
    • la rilevazione di un approccio alla tracciabilità di filiera che è soprattutto di rispetto agli adempimenti normativi, con solo poche imprese che vedono la tracciabilità come un’opportunità di posizionamento sul mercato, ad esempio in collegamento alle produzioni DOP e/o alle filiere corte.
  • L’analisi di possibili interventi formativi e consulenziali a supporto del rafforzamento della loro capacità competitiva ha portato a:
    • l’identificazione di quattro tipologie principali potenziali beneficiari all’interno della filiera degli acquisti pubblici: Aziende agricole e agroalimentari; Distributori che forniscono generi alimentari alle società di ristorazione o direttamente alla PA; Società appaltatrici del servizio di ristorazione nelle mense pubbliche (prevalentemente scuole e ospedali); Stazioni appaltanti della Pubblica amministrazione che acquistano derrate alimentari (prevalentemente carceri e forze armate);
    • l’identificazione delle imprese agricole maggiormente interessate a partecipare ai bandi verdi: le imprese caratterizzate da specifiche certificazioni o quelle gestite da imprenditori agricoli con livelli di istruzione elevati. In aggiunta le Pubbliche Amministrazioni potrebbero disegnare bandi verdi che offrano maggiori opportunità e minori vincoli alle aziende agricole locali di minori dimensioni;
    • l’identificazione dei prerequisiti chiave per avviare una fruttuosa relazione: la dimensione dell’impresa e/o la sua adesione a forme consortili. Una volta che le imprese hanno raggiunto la massa critica necessaria per relazionarsi con la GDO, è possibile costruire interventi consulenziali (anche a supporto di investimenti nell'infrastruttura tecnologica) che permettano un percorso di avvicinamento a questi canali commerciali;
    • l'identificazione di possibili “proof of concept” delle tecnologie digitali a supporto della tracciabilità di filiera, con un approccio graduale, da incentrare su tecnologie più consolidate. La tecnologia blockchain, pur avendo grandissime potenzialità, sembra presentare ancora molti rischi e complessità operative per essere applicata in un contesto di filiere composte da produttori di piccole-medie dimensioni.